STORIA DI UNA PASSIONE

Passeggiando per Varese in zona piazza Repubblica, ci si imbatte nel Teatro di Varese, costruito e terminato nel 2001 e dal 2004 intitolato a Mario Apollonio, però in pochi conoscono questo personaggio e ciò che lo lega così profondamente alla nostra provincia.

Il dottor Davide Fumagalli ha fatto delle ricerche su uno dei protagonisti teatrali del secolo passato, ricerca difficile visto che per vari motivi è stato un po’ dimenticato, ed ha presentato la serata del 28 gennaio “Storia di una passione - Mario Apollonio e il teatro”: serata organizzata dal Gruppo Culturale La Fornace e dalla Cooperativa Acli, svoltasi venerdì sera presso il salone dell’Acli di Arcisate.

Mario Apollonio nasce a Ontano, oggi frazione di San Paolo nel bresciano, il 28 settembre 1901 e si laurea nell’Università di Pavia, con una tesi innovativa sul teatro “Storia della commedia e dell’arte” dal 500 al 700, dove discute delle maschere di carnevale e fa un’indagine sui personaggi e sul loro rapporto col pubblico; questa tesi rivoluzionaria fu contestata dal docente, ma non modifico minimamente il suo carattere, appassionato, intransigente e autorevole.

Dal 1925 al 1935 si trasferì a Malnate e divenne professore di Letteratura al Pareggiato di Varese, dove fu un docente, esigendo il dialogo con i suoi studenti, ma al tempo stesso per nulla severo in termine di voti.

Dal 1935 al 1938 ha un doppio incarico universitario a Urbino e Oslo, mentre dal 1942 al 1971 insegnò letteratura italiana presso l’Università Cattolica di Milano, dove fu promotore di nuove cattedre, tra cui quella di “Storia del Teatro” nel 1955.

Durante il periodo della resistenza, collabora nella realizzazione del giornale clandestino “L’Uomo” con Contadini e Del Boe, giornale di matrice cattolica, che cercava di rincuorare la gente in quel terribile periodo.

Storia del teatro italiano - Mario Apollonio

Il suo carattere e la sua predisposizione a non essere un mediatore, il rapporto burrascoso con alcuni colleghi e il suo stile poco accademico, hanno fatto si che non è ricordato, o poco nelle Università, ad eccezione delle persone che sono stati suoi allievi, che ne portano avanti il ricordo.

A differenza di famosi personaggi, come Strehler o Visconti, Apollonio pensava alla rappresentazione teatrale come un rito religioso, nell’importanza del pubblico di essere coinvolto, non spettatore passivo, mettendo in secondo piano il testo e l’interprete; il teatro doveva essere uno strumento che offriva al pubblico uno stimolo per riflettere.

Storia letteraria d'italia - Mario Apollonio

Per ricordare un esempio, agli inizi del 1947, Apollonio fu chiamato assieme a Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Virgilio Tosi nella commissione del primo teatro municipale Italiano, il Teatro Piccolo di Milano, dove tra l’altro fu l’autore del Manifesto del Teatro; qualche mese dopo l’inaugurazione abbandonò il teatro e il ruolo di vicepresidente per alcuni contrasti con Strehler e Grassi per cui fu cancellato il suo nome, e quello di Tosi, dalla fondazione dello stesso teatro.

Con l’avvento della televisione, fu uno dei primi a capirne le potenzialità: fu docente per i dirigenti Rai nell’ambito teatrale, cercando di trasformare questo importante e nuovo mezzo di comunicazione, in un’opportunità nel poter fornire qualità, senza la ricerca assennata dell’odience, come accade ai giorni nostri; nutriva però alcuni dubbi, perché a differenza del teatro, non c’era interazione tra pubblico e interprete, ma solo la fruizione passiva del pubblico.

Tra le sue opere più importanti, citiamo la “Storia del teatro italiano (1938)”, “Dottrina e prassi del coro (1956)” e varie monografie su autori teatrali, le innumerevoli saggistiche, le introduzioni ai libri; fu fondatore della rivista “Drammaturgia” del 1954, critico letterario (fu l’unico che elogiò Pirandello in “6 personaggi in cerca d’autore) e scrisse vari drammi, tra cui “La Duse”, “Alcibiade”, “Apocalisse secondo San Giacomo” e “Studio per l’Antigone”.

I raggi pane - Mario Apollonio

Citiamo anche i sei romanzi pubblicati: “Il soldato e la zingara”, “Intermezzo”, “Solstizio d’Inverno”, “Battaglia di San Martino”, “Raggi Pane” e “55”, romanzi densi, difficoltosi, che non raccontavano storie lineari, ma erano vicende viste sotto l’aspetto psicologico.

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allegato 1 - Teatro piccolo di Milano

 
“Il teatro resta quel che è stato nelle intenzioni profonde dei suoi creatori, quel che è nella sua necessità primordiale: il luogo dove la comunità, adunandosi liberamente a contemplare e a rivivere, si rivela a se stessa; dove s’apre alla disponibilità più grande, alla vocazione più profonda: il luogo dove fa la prova di una parola da accettare o da respingere: di una parola che, accolta, diventerà domani un centro del suo operare, suggerirà ritmo e misura ai suoi giorni.” “Ma evitiamo (…) che il poeta si contenti della sua parola e l’attore del suo gesto: la parola è il primo tempo, e il gesto il secondo di un processo che si perfeziona solo tra gli spettatori; e a loro tocca decidere se l’opera di teatro abbia o non abbia vita. Il centro del teatro siano dunque gli spettatori, coro tacito e intento.” Sono solo due passi trascelti dal manifesto di fondazione del Piccolo Teatro della Città di Milano, steso nel febbraio del 1947 da Mario Apollonio, già famoso come critico e storico del teatro, docente all’Università Cattolica, e firmato da Apollonio, Paolo Grassi, Giorgio Strehler e dal vicecritico teatrale dell’ «Unità », Virgilio Tosi: i quattro componenti della Commissione tecnico-artistica istituita nel gennaio 1947, rispettando l’equilibrio politico uscito dalla Resistenza, dal sindaco socialista (e commediografo) Antonio Greppi. Verrà pubblicato, col titolo Lettera programmatica, nel numero di gennaio-marzo 1947 del «Politecnico» di Vittorini. Il 14 maggio del ’47 il teatro venne inaugurato con L’albergo dei poveri, di Gor’kij. Il 7 ottobre dello stesso anno Apollonio diede le dimissioni, e da allora fu espunto dalla storiografia del Piccolo. Che, come Atena dalla testa di Zeus, sembra oggi nato soltanto dalla passione e dall’amicizia di due grandi quali Strehler e Grassi. -----------------------------------------------------

Allegato 2 - La Duse

Eleonora, figlia di Alessandro, figlio di Luigi, figlio di Natale. I Duse erano marinai e mercanti (...) Eleonora (...) nacque nel 1859: in treno, diceva la leggenda, con la compagnia vagabonda; e fu battezzata a Vigevano il 3 ottobre. (...) E da lei, negli incontri che precedettero la prima guerra, in quella atmosfera affabile e inquieta, facile e avventurosa, dell’internazionalismo estetico, mossero le nuove correnti dell’arte scenica, mimica e coreutica: Stanislavskij e Gordon Craig ed Isadora Duncan: Europa, Russia ed America ne furono piene. Di pari passo procedeva la sua vita, con una mescolanza dolorosa e proterva, di poter sempre, quale che fosse, mutar l’esperienza e la reviviscenza in parola, purificare in poesia la carne e il sangue e il peccato. La fanciulla smarrita si lascia rivelar la vita da Martin Cafiero: l’attrice illustre apprende da Arrigo Boito i pensieri grandi, le nobili attese e come commisurare l’arte alla dignità del proposito; la donna celebre lega la sua sorte a quella del multanime Gabriele d’Annunzio; ma ricorda anche la moglie di Tebaldo Checchi, nobiluomo ed attore, colui che si trasse in disparte per lasciarle far la sua strada, e la madre di Enrichetta; e l’anima della conversione cristiana, quando ebbe tutto sofferto, e la prima guerra chiamò lei pure a patire con la sua gente. Impoverita dalla guerra e dalle imprese generose, nel 1921 (taceva dal 1907) riprese il vagabondaggio dei figli d’Arte; e andò a morire a Pittsburgh, in Pennsylvania, il 20 aprile 1924. Gli ultimi suoi anni furono lenti e dolenti e assorti; e la sua vita si chiuse in cerchio sopra una miseria soccorsa, su una carità consolata. Mario Apollonio da: Mario APOLLONIO, “La Duse”, Firenze, Fussi ed. 1947